E’ successo ancora, ed è stato molto piacevole. Questa volta non è stata una poesia ad evocarmi un dipinto, ma la soavità e la malinconia delle note di Claude Debussy. Sedersi su un divano, mettersi le cuffie, ascoltare uno dei brani più belli del compositore francese e immaginarsi di essere davanti alle acque di Monet è stato quasi immediato. Un giorno, di tanto tempo fa, mi fu detto che le emozioni non si esprimono con le parole. Ed è vero. Non si riesce a trovare degli aggettivi che riescano a dare un significato autentico a ciò che si prova. Le note di un brano musicale accarezzano la nostra anima e questa ci parla attraverso un’immagine, un ricordo, un qualcosa che si trova nel nostro fedele amico “tempo”, che ormai è già vissuto. Quello che posso dirvi, se non a parole, lo farò con un dipinto. Davanti agli occhi mi sovvengono per primi i colori della tela: il grigio, il verde, il blu, l’azzurro chiaro dell’acqua, che si uniscono agli stessi toni degli alberi, appena accennati; poi si scorge a malapena una banchina sulla destra, data da una macchia ancora più scura. E come un faro catalizzatore il sole si impone in lontananza, in un punto imprecisato dell’orizzonte, in mezzo a nubi grigiastre e a un cielo striato con i colori intrisi di arancio. Il sole, una sfera infuocata che si riflette sull’acqua con piccoli tocchi irregolari di pennello che svaniscono vicino all’occhio dell’osservatore. In mezzo ci sono due piccole imbarcazioni, le parti più scure del dipinto, i cui pescatori, o chissà chi, sono appena riconoscibili o sono addirittura delle macchie irregolari in lontananza. L’autore del dipinto è Claude Monet, uno dei pittori che amo di più, un grande artista, colui che più degli altri ha rappresentato l’Impressionismo, tanto da esserne considerato la vera anima. E come per tutti gli Impressionisti anche per Monet l’acqua fu un elemento fondamentale della sua pittura, con i suoi riflessi, continuamente mutevoli, perché essa “pur presente e tangibile fisicamente, pur apparentemente sempre uguale, non è mai la stessa” (ADORNO, P., L’arte italiana, 1986, vol. 3, p.214).

Così come noi esseri umani, diversi da ieri e da domani.

Il titolo del dipinto: Impression, soleil levant. Si tratta di un’opera firmata e datata 1872, conservata nel Musée Marmottan Monet di Parigi. Questo capolavoro è considerato l’inizio della rivoluzionaria corrente impressionista, che andava contro la pittura accademica, basata sul disegno, sul rigore formale e sull’attività in studio o nella bottega (anche se Adorno dice che quello originale esposto al Salon del 1874 si trova in una collezione privata e questo sarebbe invece un altro, eseguito nello stesso anno, raffigurante sempre il porto di Le Havre, ma non all’alba, bensì al tramonto, ed esposto alla mostra del 1879. ADORNO P., p. 216).

Gli impressionisti amavano dipingere all’aperto, en plein air, riempiendo la tela di pennellate piccole, rapide, con colori densi e pastosi, riproducendo ciò che il paesaggio aveva lasciato “impresso” dentro di loro. Così come in questo dipinto di Monet, dove egli ci ha restituito nella tela la sua reazione emotiva di fronte alla scenario che aveva avuto davanti ai suoi occhi.

Un pittore ha ricevuto un grande dono: quello di essere capace ad esprimere le emozioni su una tela. E nel farlo compie verso di noi, che la osserviamo e che la richiamiamo alla mente con le note di una bella musica, un grande gesto d’amore.  Cosa ascoltavo di Debussy? Ascoltavo Rêverie, una delle composizioni giovanili del musicista francese, che aveva appena dieci anni quando Monet dipinse Impression, soleil levant. Il titolo stesso è molto significativo “fantasticheria”. Si…ecco.. chiudere gli occhi e fantasticare….

Non sono certo io che scopro ciò che sto per dirvi. Ma una grande sostenitrice sì. E posso dirlo anche forte: musica e pittura sono unite da un meraviglioso legame…. indissolubile!!

(Ascolta Rêverie : Debussy)