Cara Lucia, quante volte sono passata dalla stazione di Rignano sull’Arno. E molte volte, quando il treno si fermava, mi affacciavo dal finestrino ed osservavo la stazione semideserta. Quando poi ripartiva rimanevo a sentire l’aria estiva fino quasi alla fermata successiva. Erano bei tempi quelli. Tempi in cui i treni avevano ancora i finestrini e potevi rimanere lì a farti accarezzare dal vento. Ma quelle valli le attraversavo anche in auto, perché ho sempre preferito fare le strade tortuose per arrivare a Firenze, piuttosto che la monotonia dell’autostrada.
E proprio viaggiando per quelle vallate, e per le dolci colline alle porte della grande città, potevo gustare un paesaggio incantevole, dove ogni tanto, in mezzo agli olivi spuntavano qua e là case sparse, vecchie e nuove. Ai miei occhi sembrava proprio di vedere un dipinto di Ardengo Soffici, che proprio in queste zone è nato e vissuto. Nei suoi quadri lui rende perfettamente la campagna toscana e questa natura: le chiome degli alberi, dal verde scurissimo dei cipressi alle tonalità più chiare delle altre vegetazioni, le strade tortuose sterrate, le case coloniche in lontananza, i vigneti sulle bellissime terrazze. Sembra proprio di camminare in mezzo a quelle valli, che per noi toscani sono molto familiari.
Lucia Bencistà, storica dell’arte e mia cara amica, ha tracciato per questo nostro dialogo on line un breve profilo dell’artista toscano, nato a Rignano sull’Arno nel 1879 e morto a Forte dei Marmi nel 1964, in particolare sul suo rapporto con il Valdarno: “Un profondo rapporto lega il pittore Ardengo Soffici al Valdarno ed alle sue bellezze paesaggistiche ed artistiche che furono linfa vitale per la sua futura attività di artista a tutto tondo.
Ben noto al grande pubblico come pittore e critico d’arte legato alla città di Poggio a Caiano, Soffici fu anche un poeta ed un appassionato e prolifico scrittore, sentinella acuta e sensibile delle avanguardie artistiche del Novecento, ma soprattutto uno dei più grandi interpreti, in pittura come in campo letterario, del paesaggio toscano.
Figlio di Giovanni Soffici, fattore che a quel tempo si occupava di otto poderi di proprietà delle parrocchie di Santo Stefano a Torri e di San Cristoforo, distribuiti sulle colline di Rignano sull’Arno, e di Egle Turchini che proveniva da una famiglia di Poggio a Caiano, il piccolo Ardengo nacque nel cuore del piccolo borgo agricolo del Bombone. Il soggiorno del Soffici tra le colline rignanesi si protrasse dal 1879 al 1893, quando il padre fu costretto a lasciare il Bombone e trasferire la famiglia a Firenze.
Sarà lo stesso Soffici, molti anni più tardi, a raccontare la storia della sua infanzia ed a svelare il l’amore profondo per il Valdarno e il suo paesaggio in due libri intitolati L’Uva e la Croce e Passi tra le rovine, i primi due volumi della sua autobiografia, Autoritratto di artista italiano nel quadro del suo tempo, dati alle stampe tra il 1951 e il 1952. In questi due scritti incentrati sulla sua vita precedente al trasferimento a Firenze, attraverso tanti ricordi legati alla sua infanzia, Soffici svela il suo amore incondizionato verso la terra natia descritta come il suo Eden, una sorgente alla quale attingeva il suo spirito per ritrovare «la immacolata essenza dell’arte e della poesia».
Oggi non ho fatto economia di immagini. I dipinti di Soffici sono talmente evocativi che ne avrei messi altri, ed altri ancora… (l’immagine di copertina e le n. 3,4,5 mi sono state gentilmente fornite da Lucia Bencistà)
Grazie Lucia, questa è stata per me un’occasione per ricordare i miei viaggi e quei paesaggi così perfettamente espressi nella tela di questo artista valdarnese.
Sempre impeccabile nei tuoi commenti davvero, Manola, è un piacere leggerti
Grazie Paolo